Il caos sconcerta perché esce dal nostro controllo. Non si può razionalizzare né “capire”. Si accetta o non si accetta. Ci si apre o non ci si apre. Si può contemplare. Un po’ come succede nella meditazione.
La percezione del caos ci porta alla pazzia o al non-razionale. Se Internet si avvicina al caos… come stupirsi che abbia i suoi “sacerdoti” o autoproclamati tali?
Il prof vorrebbe “portarci a una certa temperatura”… Un procedimento alchemico??
Mi pare che lo scopo sia “coagulare” cristallizzazioni… umane, per esempio “persone che portano problematiche e persone che sanno risolvere queste problematiche”, o ricerche di gruppo, o percorsi comuni (il camminare insieme).
La prima fase del nostro lavoro è la parte caotica, il bambino che si impiastriccia le mani, il tentare anche sconclusionato, il giramento di testa che si trasforma in scoperte e divertimento.
L a seconda fase (che non seguirà nettamente la prima ma ne scaturirà man mano) il prof l’ha chiamata così: “la condivisione di pratiche didattiche”, ovvero l’aiuto reciproco nella risoluzione dei problemi concreti – all’interno di gruppi / aggregazioni che hanno qualcosa in comune (la vicinanza geografica… la disciplina… il tipo di scuola… )
Io mi sto tenendo un po’ in disparte, soprattutto perché il tempo è davvero poco e sto tenendo un piede “dentro” quest’esperienza e uno “fuori”, aspettando di vedere “se ce la faccio”… Prima o poi però la natura della rete trionferà e scivolerò nel flusso creativo del caos!