[Riflessione che nasce sulla scia della lettura di un post di Marina Passerini, qui. Il mio articolo si riferisce necessariamente all’unico ordine di scuola che conosco meglio: la scuola superiore di secondo grado]
Ebbene sì, devo confessarmi: sono una mamma. Sono una mamma tipica.
Ho sorvegliato che le cartelle fossero fatte. Ho preteso il rendiconto dei compiti svolti. Mi sono persino seduta a fianco delle mie figlie. Anni e anni.
Sono andata ai colloqui (lo stretto necessario), ho sostenuto le ragioni dei prof e taciuto quando non potevo farlo, mi sono arrabbiata quando i compiti erano troppi ma anche quando erano troppo pochi.
Non spariamo sui prof, ma non spariamo neppure sulle mamme.
Perché fare lo studente, di questi tempi, è difficile.
L’ho scritto anche altrove, che in questi tempi schizofrenici in alcune classi possono susseguirsi i personaggi più diversi: il prof in burn-out che si dimentica di parlare perché si perde a fare i ghirigori sul libro, quello che “Signora, sua figlia non ha metodo!” [e infatti devo insegnarglielo io], quello che non sa tenere la disciplina e i ragazzini gli danno apertamente del deficiente, quello severissimo che ti tiene in piedi di fianco alla cattedra per mezz’ora – sarebbe un’interrogazione – e quello che non gliene frega niente se copi le risposte dal telefonino durante i compiti in classe, tanto alla fine dell’anno ti dà Sette se gli stai simpatico e Sei se invece no.
Tutti tipi che mi sono stati raccontati o che ho visto con i miei occhi.
Senza contare che puoi passare senza soluzione di continuità dal prof che ti tratta come un idiota se usi il computer a quello che ti tratta da stupido se non lo usi. Dipende da come è sistemato l’orario.
Giusto due giorni fa una mia collega mi raccontava di aver dovuto raccomandare a sua figlia di non farsi alcuna illusione sulla legge causa-effetto: nel suo caso studiare o non studiare non portava ad alcuna certezza valutativa. Tanto valeva concentrarsi sullo studio in sé e cercare di astrarsi su ciò che sarebbe successo poi a scuola.
Se poi il tuo pargolo non è un fulmine della prateria… Nei corridoi del mio istituto, noialtre mamme di figli non brillanti ci facciamo l’occhiolino e ci sussurriamo con discrezione:
“Come andata ieri con l’interrogazione di…?”
“Ho passato un pomeriggio da schifo ma ce l’abbiamo fatta: ha preso 6!”
“Bravissimi, complimenti!”
Strana carboneria davvero.
Ci sono poi tanti docenti onesti che fanno il loro dovere. Alcuni francamente eccezionali. Così come ci sono legioni di genitori con la puzza sotto il naso o il piglio del mafioso, pronti ad accusare o minacciare e dire bugie pur di giustificare i loro pargoli viziati. Purtroppo ci sono anche dirigenti lesti a stendere il tappeto rosso davanti a certi genitori socialmente distinti, qualsiasi accusa rivolgano alla classe docente. Deboli con i forti e forti con i deboli, come si suol dire.
Ma allarghiamo lo sguardo da queste dinamiche ancora di tipo vagamente “caratteriale”.
Il tempo pieno, che garantiva un certo livellamento sociale, è stato tagliato ovunque. Le scuole chiudono il pomeriggio per risparmiare sul personale. I docenti sono profondamente stanchi e demotivati, dovendo affrontare classi sempre più affollate, orari sempre più spezzettati, magari qualche allievo con bisogni speciali cui è stata tolta l’assistenza (il tutto con stipendi bloccati da anni). Niente doposcuola (costa!). Gli “inidonei” inviati dalle loro amate e curate biblioteche a fare la concorrenza ai segretari – senza preparazione alcuna. E le biblioteche chiuse a chiave.
I figli dei “borghesi” sono tornati ad essere molto, molto fortunati. Perché la classe media non ci sarà più, ma esiste un buon numero di persone che hanno studiato e preso il famoso “titolo” – a differenza dei loro genitori o nonni – e ora la sera o la domenica possono dare una mano ai loro figli e sostituire il tempo pieno o il doposcuola. Gli altri no, non ce la fanno: proprio come succedeva prima della scuola di massa.
L’autonomia dello studente? Fantastica! Se si può…
Reblogged this on Il Blog di Tino Soudaz 2.0 ( un pochino).
Certo! Tieni sempre presente tutto il limite che ha scrivere un post!
Non volevo distribuire colpe, solamente inserire nel gran minestrone dell’aspetto valutativo di un ragazzo anche il ” peso” della famiglia. Ho vissuto rapporti bellissimi con genitori che consideravano la scuola un momento importante per la crescita del loro bambino e ne sono scaturiti percorsi molto significativi. Quello di cui mi lamentavo è che bisognerebbe saper distinguere. Una delle mie figlie, quando era al liceo, aveva un prof. di biologia da ricovero. Letteralmente. È evidente che (dopo aver compiuto tutta la trafila docente->coordinatore->consigliodiclasse->dirigente) mi sono arresa e ho sopperito come ho potuto (io, laureata in filosofia!) a casa alle carenze della scuola.
Ma, come sbaglierei io a dire che tutti i genitori sono uguali, desidererei essere distinta dal collega che non lavora! Questo era all’origine della mia amarezza! Spesso noi docenti ci lamentiamo perchè il Sisitema non riconosce il merito. Cosa ci salva? Il rapporto diretto, con i ragazzi e le loro famiglie. Se viene a mancare anche quello….. 😥
Concordo…