Bocciatura sì, bocciatura no. E di altre tristi cose.

Scrive Luisella nel corposo thread a commento di questo post di Federica (Sargolini):

I miei dubbi relativamente alla valutazione (e alle bocciature) sono dovute al fatto che ho notato nel corso degli anni che le bocciature, la maggior parte delle volte, non servono proprio a niente. Sono rari i casi in cui gli studenti bocciati tornano a scuola motivati a fare di meglio, il più delle volte tornano, ma con ancora meno voglia di fare. E allora, a chi/che cosa serve la bocciatura? Forse serve più agli altri, alla fin fine, a quelli che hanno lavorato e che si sentirebbero “oltraggiati” nel vedere che i loro compagni scansafatiche sono stati promossi, e potrebbero, l’anno dopo, fare meno anche loro.

E allora, non si potrebbe cambiare musica, provando a stravolgere tutto? I miei studenti sono studenti di istituto tecnico, i tuoi sono sicuramente più motivati. Però io stessa sono stata liceale, ed ero anche la classica studentessa brava, con ottimi voti. Ma di quello che ho “studiato” al liceo, non ricordo molto. E ricordo pochissimo di quello che studiavo nelle materie in cui “temevo” maggiormente il prof, mentre ricordo molto meglio le cose che facevo/imparavo con piacere. E posso dire lo stesso di molti (troppi) esami universitari. [Grazie Luisella! Pensavo di essere l’unica! Con la differenza che io NON ero brava, al liceo 😉 ]

Insomma, non si può sempre dire che in Italia non siamo pronti al cambiamento perché è il paese dei furbi, quando spesso siamo proprio noi prof a dare il cattivo esempio. Quanti di noi danno l’aiutino ai propri alunni durante l’esame di stato? Quanti suggeriscono le risposte alle domande della terza prova? Io non lo faccio, ma ti assicuro che molti colleghi lo fanno. E quanti dirigenti si arrabbiano con i membri interni se gli studenti dell’istituto vengono licenziati con voti troppo bassi? In quanti istituti superiori davvero si rispetta l’assurda normativa ministeriale e non si ammettono agli esami gli studenti che hanno anche una sola insufficienza? Io penso che un bel cambiamento radicale non sarebbe male. Come fare, non lo so, però si potrebbe provare a vedere come fanno in altri paesi (a partire dalla Finlandia, dove la dispersione scolastica è praticamente inesistente). E dopo tutto questo stesso MOOC ne è l’esempio. Vero, si trattava di un campione di persone particolarmente motivate, però lo abbiamo vissuto così bene, abbiamo imparato così tanto anche perché sapevamo che non c’era il rischio di bocciare, e che anzi, sarebbe stato possibile riprendere il percorso in ogni momento, con i propri ritmi.

Si tratta di riflessioni che per metà sono uno sfogo uguale a tanti sfoghi che ho sentito alla macchinetta del caffè. Molte delle frasi potrei averle dette io stessa, in un momento o l’altro della mia storia lavorativa. Perché i problemi descritti sono reali.

Non posso fare altro che aggiungere riflessione a riflessione, sperando di non essere inutile. Ma andiamo con ordine.

Al primo paragrafo di Luisella rispondo dalla fine: sì, se alla fine dell’anno si chiude un occhio con i lazzaroni “perché tanto non cambiano”, si perde l’intera classe. Ovviamente non tutti i bocciati sono lazzaroni, quindi non si può fare un discorso generale. Sulla bocciatura “utile” o “inutile” ha scritto molto meglio la prof Isabella Milani (è un alias) nel suo post “Mio figlio è stato bocciato” del suo blog. Ringrazio lo sconosciuto collega che l’ha segnalata nel network “La Scuola che Funziona“!

Faccio un salto al terzo paragrafo citato. E’ tristemente vero che molti prof danno il cattivo esempio. E diventa sempre più vero man mano che la classe docente si demotiva in seguito agli attacchi sconsiderati di politici di bassa levatura (docenti “fannulloni”… “poco produttivi”… “poco preparati”… “inutili”… Abbiamo sentito di tutto, negli ultimi anni). Confermo quanto denuncia Luisella. Purtroppo.
Tuttavia non posso fare il salto logico che porterebbe a dire: “Poiché c’è il problema dell’ipocrisia valutativa, eliminiamo la valutazione”. Sarebbe come dire: “Poiché gli spaghetti possono scuocere, non mangiamo più spaghetti.” Ragiono per assurdo, ovviamente, perché Luisella non dice né implica questa cosa: dice di sentire il bisogno di un cambiamento radicale che dia una risposta forte al problema.

La Finlandia insegna che il successo del sistema scuola dipende in gran parte dall’alta considerazione sociale di cui godono l’Istruzione in generale e gli insegnanti tutti. Con il corollario di stipendi più che dignitosi, scuole moderne, clima rilassato… In proposito, seguendo il link potete leggere una testimonianza per nulla accondiscendente che trovo molto interessante.

Ampliando un attimo lo sguardo dai nostri problemi e guardando ad altri sistemi (insomma immaginando di essere un legislatore che deve risolvere il caso), mi nascono le seguenti riflessioni:
La necessità della bocciatura deriva dalla struttura rigida dei nostri “curricola” universalistici, figli dell’umanesimo. Fino ai 19 anni, tutti devono studiare almeno un po’ di tutto, con qualche concessione alla specializzazione soprattutto nel triennio della scuola secondaria di secondo grado (tranne che nelle scuole professionali che appartengono ad un sistema più o meno differenziato). Quindi matematica e scienze anche al classico, lettere e storia anche per i tecnici e così via.

Eliminando le bocciature, bisogna rendere il sistema più flessibile: se non sei portato per la matematica, vieni gentilmente riorientato verso un curriculum personalizzato che non preveda la matematica e rafforzi – che ne so – lo studio delle lingue o qualsiasi cosa si adatti alle tue inclinazioni. Si tratta del sistema adottato nel Regno Unito o negli USA.

Quale sia il sistema migliore non lo so, anche se ho un mio parere. Che però qui è irrilevante.

3 thoughts on “Bocciatura sì, bocciatura no. E di altre tristi cose.

  1. Mi sono letta tutto: il tuo post e i vari rimandi. Molto interessanti. Mi si affollano un sacco di pensieri nella mente….appena farà un po’ meno caldo cercherò di metterli in ordine…

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